COSENZA SVEVA
GIOACCHINO NELLA SALA DEL TRONO CHE IMPLORA L'IMPERATRICE DURANTE UNA SEDUTA DELLA CORTE
Location: Via S. Francesco D'Assisi, 14
Gli Svevi, succeduti ai Normanni (1194) per il matrimonio di Costanza, ultima erede legittima degli Altavilla, con Enrico VI di Svevia, continuarono la politica dei predecessori Normanni.
La nuova dinastia è temuta per la sua eccessiva tassazione dei sudditi. I cosentini mandano Gioacchino da Fiore a Palermo presso l'Imperatrice Costanza per implorarla affinchè Cosenza non fosse aggravata di balzelli. Gioacchino da Fiore apparteneva all'ordine cistercense, introdotto in Calabria dai Normanni. Gioacchino è il fondatore dell'ordine florense (approvato con bolla papale del 1196), un centro religioso attorno al quale sorse S. Giovanni in Fiore.
Gioacchino morirà nel 1202. Dante Alighieri lo definì: "di spirito profetico dotato". Le sue dottrine influenzeranno tutti i tentativi volti al concreto rinnovamento spirituale.
FEDERICO II, ATTORNIATO DA TUTTI I DIGNITARI, LAICI E ECCLESIASTICI, DONA LA STAUROTECA PRIMA DELLA FUNZIONE DI CONSACRAZIONE DEL DUOMO
Location: Via S. Francesco D'Assisi, 20
Federico II si interessò di importanti interventi a Cosenza. Fu ricostruita la Cattedrale, a cura dell'arcivescovo Luca Campano, e fece rafforzare il castello costruito dai Normanni su una preesistente rocca araba. Il 30 gennaio del 1222, Federico II partecipò alla messa di consacrazione del Duomo donando una preziosa stauroteca. La messa fu officiata dal legato apostololico, cardinale Nicola Chiaramonte, assistito da mons Luca Campano, arcivescovo di Cosenza, e da vari altri alti prelati calabresi.
La cattedrale di Cosenza accolse e custodisce ancora le spoglie del povero Enrico VII, primogenito dell' Imperatore.
Per tutto il periodo svevo, Cosenza fu capitale dei giustizierati di Val di Crati e di Terra Giordana.
IL GONFALONE DI COSENZA VIENE PRESENTATO A FEDERICO II DAI DIGNITARI DELLA CITTA'
Location: Via S. Francesco D'Assisi, 14
FEDERICO II TIENE A BATTESIMO IL GONFALONE DI COSENZA COSTITUITO DA SETTE COLLI E DAI DUE FIUMI IN CAMPO AZZURRO.
Con l'occasione della venuta a Cosenza di Federico II nel 1222, i cosentini decisero di darsi un gonfalone con i Sette Colli, che circondano Cosenza, sentinelle dell'indipendenza della città. Tre sulla riva sinistra del crati: Guarassano, Vetere e Pancrazio e quattro sulla riva destra: Venneri, Gramazio, Triglio e Mussano.
UNO SPACCATO DELLA FIERA INTERNAZIONALE DELLA MADDALENA
Location: Via S. Francesco D'Assisi 5
Sotto Federico II di Svevia, "stupor mundi", che considerava Cosenza la sua sede preferita dopo Palermo e Napoli, iniziò un periodo prosperoso sia culturalmente che economicamente per Cosenza, grazie anche all'istituzione, nel 1234, di un'importante fiera annuale: la fiera internazione franca della Maddalena, una delle sette fiere del regno.
La fiera era un mercato internazionale di tessuti che si svolgeva nel mese di luglio lungo il Busento, e la cui attività era di fatto nelle mani di affaristi genovesi. Come, del resto, tutto il mercato tessile, che aveva nei porti di Crotone e di Reggio i maggiori centri di esportazione delle stoffe e delle sete calabresi verso la Spagna, Venezia e le Fiandre, era gestito da famiglie fiorentine e genovesi.
FEDERICO II, ALLA PRESENZA DEI DIGNITARI DI CORTE, PROMULGA LE COSTITUZIONI DI MELFI
Location: Via S. Francesco D'Assisi (di fronte Archi Vaccaro)
Con le Costituzioni di Melfi (1231), lo Stato assumeva una configurazione prematuramente moderna. Sotto il potere assoluto del sovrano c'era il consiglio della corona (che oggi chiameremmo Governo) composto da sette grandi ufficiali, ognuno dei quali era al vertice di una struttura verticale dello Stato (che oggi chiameremmo Ministero).
I funzionari (burocrazia), a tutti i livelli, erano stipendiati e dipendevano direttamente dalla corona (oggi li chiameremmo dipendenti statali).
Anche l'esercito fu riorganizzato. Al posto del tradizionale esercito feudale fu messo un esercito professionale stanziale dislocato nei punti strategici del regno ed ai nobili furono tolte tutte le fortezze (castelli) che avevano costruito. La struttura statale si fondava su un efficiente e gravoso sistema di tassazione che ne garantiva il funzionamento. Per questo Federico II non era molto amato.
La città di Cosenza, come tutte le città del regno, fu penalizzata nella formazione di una mentalità democratica in quanto non conobbe mai quell'autogoverno di cui stavano facendo esperienza i Comuni del nord e del centro Italia.
Alla testa della città fu messo un funzionario pubblico (baiulo), che obbediva al re.